Holy Bible

Ecco un ulteriore passo della messa festiva di ieri, una lettura dal libro dei proverbi che potrebbe risultare anacronistica oggigiorno e, forse, non politicamente corretto. Ovviamente qualcuno la penserà diversamente rispetto agli scritti della Bibbia. Prima di infierire, però, teniamo presente che si tratta di parole risalenti a 2.500 anni fa e che in genere, allora, la società era di tipo matriarcale anche se questa considerazione a poco a che fare con il testo biblico:

Una donna forte chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Gli dà felicita e non dispiacere per tutti i giorni della vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Stende la sua mano alla canocchia e le sue dita tengono il fuso. Apre le sue palme al misero, stende la mano al povero, illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città.”

Sono passati 2.500 anni, appunto, ma io ne conosco una così.

Occasioni per riflettere

Alle volte le parabole di Gesù che ascolto alla messa domenicale mi riescono difficili da accettare, assimilare e, infine, accogliere. Oggi è la volta della parabola dei talenti. Questa mi è sempre parsa ambigua se non proprio contraddittoria: si vuole forse promuovere una sorta di capitalismo?

Il significato che mi pare si possa attribuire a questa parabola è una condanna dell’accidia (nel cattolicesimo uno dei sette vizi capitali). Una condizione condannabile a prescindere dal proprio credo religioso, secondo il mio parere.

Comunque risulta inevitabile rifletterci e inscenare confronti con la propria vita, la propria esistenza: in quale dei tre servi potrei riflettermi? Ecco: forse nel servo (di Gesù) che non ha ricevuto molti talenti, ma quei pochi ha cercato di farli fruttare, magari non riuscendoci compiutamente o appropriatamente…

Festini…

Ieri era il compleanno di mio figlio. Oggi ha fatto una festicciola con i suoi amici nel cortile di casa, fuori dal mio ex “ambulatorio motociclistico” e sono passato per un saluto al volo. Di queste festicciole alla buona, magari improvvisate, ne fanno parecchie, spesso, con grigliata e sempre con molta birra.

Il fuoco acceso non manca mai; mi paiono tutti giovani alla buona, simpatici, senza troppi grilli e menate per la testa, ma rispetto ai miei tempi c’è una cosa che mi colpisce di questi loro festini rustici a parte l’assenza di moto e motorini: mai che spunti una chitarra.

La sventura del politicamente corretto

Ho sentito dire che la classica scena dei Simpson nella quale Homer cerca di strangolare Bart – brutto bagarospo! – lingua di fuori e occhi strabuzzati, non si potrà più fare: non è politicamente corretto… mitico!

E cosa farà adesso Homer per raddrizzare il figlio scellerato? Gli spiegherà per benino come fare il fanciullo educato e come salvaguardare l’ambiente senza gettare cicche per terra? Forse allora dovranno ridisegnare anche i cartoni del povero Willy coyote e magari pure quelli di braccio di ferro che le suona a Bluto. Siamo ormai oltre la frutta… al caffè!

Ma che sorprese!

Fra poche settimane si dovrà demolire una vecchia casa in Viale Venezia a Udine in condizioni fatiscenti per realizzare un nuovo edificio direzionale. E’ un peccato, ma l’immobile è proprio irrecuperabile dopo quasi quarant’anni di abbandono. Fatto un primo sopralluogo, dentro a una specie di garage/magazzino ci abbiamo trovato una vecchia auto: una Ford Anglia il cui ultimo bollo pagato risale agli anni ‘80. Si tratta, per capirci, della macchina di Harry Potter, per chi lo conosce. L’auto, dal disegno a dir poco eccentrico, non è certo in buone condizioni, ma appare completa e questo è già un aspetto positivo se si vuole procedere a un recupero. Il posto dove era stata sistemata risultava inagevole e ricolmo di rifiuti, ruderi e cianfrusaglie abbandonate, ma proprio ieri l’abbiamo recuperata (non senza fatica) e ora si cercherà di sistemarla.

L’occasione mi ha fatto tornare in mente un fatto analogo anch’esso accaduto, guarda caso, in Viale Venezia una ventina e passa di anni fa e nemmeno troppo distante. Avuto l’incarico di progettare il recupero di un vecchio stabile di Udine ad uso residenziale, assieme ad un collega ci recammo sul posto per i rilievi preliminari. Ne avemmo per due giorni (l’edificio risalente alle seconda metà dell’ottocento era piuttosto grande), dopo di ché Mauro si mise a disegnare lo stato di fatto. Solo che le misure al piano terra non tornavano: c’era una forte discrepanza con i piani superiori che invece collimavano perfettamente. Allora tornammo sul posto e riprendemmo le misure con estrema attenzione, ma niente da fare: non si riusciva a far quadrare il rilievo.

Va rimarcato che l’edificio era in stato di abbandono da decenni, pieno di cianfrusaglie, mobili spaccati, resti di bivacchi e, sul cortile all’esterno, una vegetazione che si potrebbe definire lussureggiante, a volte impenetrabile tanto da creare serie difficoltà con i rilievi. Piuttosto indispettito per l’impasse e per il tempo perso, tornai sul posto e mi apprestai nuovamente a controllare con ogni cura e alla fine ecco rivelato l’arcano: una stanza era murata e pure senza finestre che ne rivelassero l’esistenza. Si trattava di una stanza abbastanza grande, ma impossibile da individuare se non dopo una accurata verifica. Niente porte e nemmeno qualche segno che ne rivelasse la passata esistenza. Non mi era mai accaduto prima un caso analogo e restai spiazzato; chissà cosa c’era dentro la stanza, magari una pentola piena di soldi, armi del tempo dei partigiani o qualche cadavere…

Non restava che chiamare l’impresa la quale, demolitori alla mano, aprì una breccia su una parete interna che stimavo non portante (un semplice divisorio). Divisorio sì, bello spesso però, e ci vollero un paio d’ore di accanito lavoro. Ma alla fine quale sorpresa: vi trovammo una bella barca messa di traverso in diagonale, un “Dinghy”; una imbarcazione classica in fasciame di legno lunga dodici piedi (mt. 3,65) perfettamente conservata con gli alberi, la vela e i remi; il timone era all’interno dello scafo e insomma tutto quanto a posto pronta per navigare. Mi pare si trattasse di legno di mogano e, una volta rimossa, sono bastati pochi mirati interventi per sistemare perfettamente l’imbarcazione.

Guarda il caso: si tratta di due mezzi (l’auto e la barca) entrambi di origine inglese. L’impresario, un caro amico appassionato di vela, usa il dinghy ancora oggi.

In moto allegramente

Ed eccomi appena tornato da un bel giro sulle magnifiche strade slovene. Con l’amico Armando in sella alla sua Honda 650 mono, ci si trova in mattinata e poi via sul Collio (Brda in Sloveno). Dopo San Martino del Carso si passa ai pedi del Monte Sabotino e poi giù verso Nova Goriza. Quindi si prende per il Vallone di Chiapovano e quindi si devia verso la Selva di Tarnova dove i colori autunnali delle faggete sono da emozione pura. Dopo il villaggio di Lokve, dove cavalli e mucche circolano liberi sui prati tutt’intorno ancora rugiadosi, si prende lo sterrato verso Predmeja, ma ecco la triste sorpresa: la vecchia stradina impervia e ciottolosa è sparita e stanno approntando una bella carrabile alla quale ormai manca solo l’asfalto. Che peccato!

Comunque fa un freddo mica male: cinque gradi (siamo a oltre mille metri di altitudine) e nelle zone in ombra la prima neve della stagione; in effetti in lontananza anche la cima del Monte Nero appare imbiancata, ma appena scollinato sul versante sud la temperature risale gradevolmente ed è bello lasciar scorrere la moto dolcemente sulla panoramica strada verso Aidussina arditamente scavata nella roccia.

E’ quasi mezzogiorno e per una giusta sosta si mette nel mirino la bella San Daniele del Carso che si raggiunge scavalcando amene colline e acque turbinose dopo le abbondanti piogge degli ultimi giorni. Il Vipacco arriva fino quasi a bordo strada e l’ambiente del fondo valle è a dir poco umido. Stanjel (San Daniele) invece, posta sul colle soleggiato, si presenta nella sua veste migliore, peccato che la panoramica osteria a cui avevo pensato per la sosta sia chiusa.

Si prosegue quindi a sud verso Dutogliano (Dutovije) dove ricordo una bella osteria proprio sulla piazzetta del paese. E’ aperta: bene. Ci si ferma e si mangia mica male: in due 24 euri (nel bicchiere un buon Malvasia). Accanto a noi, sui tavoli all’aperto sotto al classico pergolato, una moltitudine di ciclisti si sta rifocillando recuperando abbondantemente le calorie spese a pedalare.

Poi eccoci su una delle più belle strade da moto in assoluto. Ne ho percorse strade in giro per il mondo, ma i venti chilometri che vanno da Duttogliano a Brestovizza non sono secondi a nessun’altra. Anche quelli che poi proseguono sul Carso attraverso Jamiano e Doberdò, non sono male anche se non all’altezza dei precedenti, soprattutto a causa del maggior traffico.

Al rientro un triste appuntamento: il funerale dell’amico Cico che, dopo il Covid, non si era mai più ripreso e mestamente ci ha lasciati privi della sua simpatia e allegria. R.I.P.

A very amazing day

Oggi sette novembre 2023 per me è una giornata davvero particolare, unica e straordinaria: per la prima volta da quando ho intrapreso la libera professione (34 anni fa) non ho nessun lavoro in sospeso! Nelle ultime settimane sono riuscito a sbrigare – non senza fatica – tutte le pratiche e le faccende che avevo in piedi, per ultimo un computo metrico estimativo per conto di un collega appena consegnato un’ora fa. Anche per questo, oltre che affranto e prostrato dalla triste attualità, negli ultimi giorni non ho scritto alcunché sul blog.

Questa strana e insolita sensazione di libertà che va pervadendomi come un colorante oleoso nell’acqua pura, spero mi aiuti a riprendere la tastiera scribacchina anche se il presente mi risulta indigesto e, a volte, incomprensibile, arcano, irriconoscibile.

Comunque non è che l’attività sia definitivamente archiviata: per giovedì ho già in programma un incontro di lavoro e la prossima settimana mi devo coordinare con un collega per un altro incarico, però il poterli affrontare da zero e senza altri assilli che non siano i libri a cui sto lavorando, è tutta un’altra cosa, ma intanto domani un bel giro in moto non me lo toglie nessuno! Psicologicamente mi sento come avessi vent’anni: EVVAI!

Read hair dreams

Un altro sogno particolare: sono in moto (ovvio) sulla salita che porta al centro di San Daniele del Friuli. Stranamente cavalco una moto non mia, una piuttosto anonima Moto Guzzi T5 850 grigio-verde. Arrivo al culmine nei pressi della piazza del duomo e comincio la discesa ma, sulla sinistra, intravedo una strana concentrazione di ragazzi e ragazze fulvo-criniti, assolutamente anomala.

Ce ne sono addirittura con capelli riccioluti fino al fondo schiena e la cosa mi incuriosisce. Una sembra proprio Nicole Kidman. Mi fermo, inverto la marcia e risalgo fino ad affiancarmi a questo allegro gruppo di gente dai capelli rossi. Stendo la stampella, parcheggio la moto, scendo e, al primo giovanotto che incontro, chiedo ironicamente se si tratta del raduno mondiale dei capelli rossi.

Tutti si girano (ho ancora il casco addosso) e mi confermano che è proprio così. Allora tolgo il casco e, sfoderando una riccioluta criniera fiammeggiante (beati i sogni) mi unisco gioiosamente alla combriccola suggerendo di andare a festeggiare presso la vicina osteria “Al Teatro” che tanto mi è cara.

Scendendo di quei pochi passi chiedo alla ragazza che più mi è vicina come mai il raduno si fa a San Daniele e non in Sicilia (a Favignana) come di solito; lei si gira e risponde: “Si fa qui e là, vieni?”.

Non mi resta che proporre qualche scatto del raduno mondiale in Sicilia di qualche anno fa…

Una perla rara

Alla TV vedo sport e qualche film. Ogni tanto mi capita di soffermarmi su documentari, spesso interessanti. I documentari moderni non sono noiosi come quelli dei primi tempi della TV, anzi! Spesso si tratta di lavori incantevoli anche se, alle volte, troppo edulcorati. Altro non vedo se non, a ora di cena, il telegiornale regionale, ma non troppo spesso. Capita però che sul medesimo canale, poco dopo, appaia una trasmissione che mi piace da matti, si chiama: “Via dei matti”… appunto.

A me pare una vera perla nel resto dei palinsesti televisivi e resto incantato e stupito dalla bravura del conduttore: Stefano Bollani, che poi sarebbe un jazzista, ma lo si sente divagare sui generi musicali più diversi con una maestria e una eleganza mirabili. Anche la compagna è brava e contribuisce alla leggerezza della trasmissione, ma senza Bollani non sarebbe niente.

Ce ne fossero alla TV trasmissioni così!